Nell’allestire le seguenti schede di aiuti e consigli per i familiari di persone colpite dalla malattia di Alzheimer o malattie correlate, ci siamo spesso chiesti se, contro ogni nostra intenzione, piuttosto che fornire un aiuto, non fossimo causa di ulteriori frustrazioni: certe indicazioni in effetti sono purtroppo ben conosciute dai familiari ed altri consigli sono talmente fuori luogo in alcune situazioni da indurre all’invettiva.

È evidente che le schede sono rivolte a tutti, mentre ogni familiare è un caso personale, con situazioni affettive proprie e dipendenti dalla fase della malattia. Si ritiene che, nella fase iniziale della malattia, tali schede possano offrire una propria validità per il familiare che si trova ad affrontare una situazione che purtroppo gli sconvolgerà la vita.

È bene infatti rendersi conto, quanto prima, che si deve affrontare una malattia che porta alla continua regressione della persona cara: questa un giorno sarà incapace anche di distinguere i familiari e se stessa. L’aiuto sarà pertanto sempre più necessario fino a quando l’assistenza dovrà essere continua.

Tale prospettiva deve essere tanto più chiara al familiare quanto più cara è la persona colpita dalla malattia: il malato deve essere accettato! Il comportamento conseguente dipende ancora una vita dai singoli e dal loro grado di sopportazione, correlato a tutte le possibili situazioni logistiche e finanziarie.

È facile consigliare ai familiari di rivolgersi all’assistenza domiciliare o di consultare il numero verde di Emergenza Anziani o di cercare una persona da ospitare in casa per l’assistenza. Se i primi consigli possono avere successo, l’ultimo è spesso irrealizzabile. Nemmeno i centri diurni possiedono al momento strutture adeguate a certe esigenze.

C’è però la possibilità di far ospitare il malato in una struttura adeguata per un periodo di “sollievo”: è un buon consiglio da tenere presente, senza provare alcun senso di colpa, specialmente nella fase progredita della malattia. Infine c’è la casa di riposo; il pregiudizio in tal senso è notevole e se si arriva alla decisione la risposta più frequente è “lista d’attesa”.

Ed i farmaci? Non è stato scoperto ancora nulla che guarisca! Un giorno… Allo stato attuale resta la malattia, che non è la peggiore delle malattie, anche se genera frustrazioni e liti fra i familiari assistenti ed aggressività nei malati: si tanga però presente che il malato dimentica liti e rabbia molto più in retta dell’assistente.

La nostra associazione è sorta nella speranza si esservi utili, offerta nella consapevolezza di una sentita comprensione.

Consigli per i familiari

Non ti scordar di te …

Accudire un malato di Alzheimer può essere un impegno molto gravoso. Spesso corriamo il rischio di dimenticarci di noi stessi e della nostra salute. Se siete interessati, contattarci sotto l’indirizzo e-mail info@asaa.it.

 

  • Perdita della memoria per fatti recenti
  • Difficoltà nello svolgimento delle normali attività della vita quotidiana
  • Problemi nel trovare le parole adatte
  • Disorientamento (tempo e spazio)
  • Alterazione della capacità di giudizio e ragionamento (perdita di concentrazione)
  • Difficoltà nel fare i conti
  • Problemi nel sistemare le cose che finiscono nei posti sbagliati, con conseguente ricerca permanente
  • Cambiamento del comportamento
  • Cambiamento del carattere
  •  Perdita di iniziativa

I malati possono reagire eccessivamente o diventare aggressivi in situazioni che non giustificherebbero tali reazioni.
E’ il danno cerebrale dovuto alla malattia che fa emergere tali aspetti negativi: spesso infatti tali reazioni sono dovute a confusione, agitazione, senso di incapacità ed un simile comportamento costituisce per i familiari uno dei primi segni di riconoscimento della malattia. Comunque bisogna sempre avere presente che le reazioni eccessive e l’aggressività del malato non sono dirette intenzionalmente verso chi lo assiste e gli sta vicino. Pertanto la miglior cosa è sempre cercare di dimenticare ciò che è successo, senza sentirsi in colpa e consapevoli che il malato stesso non si ricorderà più dell’accaduto entro un tempo molto breve.

I seguenti consigli dovranno essere adattati alle singole capacità individuali ed al grado di avanzamento della malattia.

  • Reagire sempre con la massima calma.
  • Evitare assolutamente di rimproverare o “punire” il malato (non servirebbe comunque a nulla)
  • Cercare di capire quale sia stata la causa scatenante la reazione.
  • Se non la si trova, cercare di spostare l’attenzione del malato verso un’altra attività
  • Non accumulare ansia o stress che si trasmettono inconsciamente al malato stesso aumentandone così l’agitazione
  • Cercare di non caricarsi da soli l’intero carico dell’assistenza al malato sulle proprie spalle ma, se possibile, coinvolgere altri familiari o persone di fiducia
  • Un ambiente calmo e sereno e abitudini di vita consolidate contribuiscono a scongiurare comportamenti aggressivi
  • Evitare di proporre scelte al malato che possono aggravare il suo stato di agitazione. Anche la semplice richiesta “Vuoi andare a passeggio o riposare?” può creare problemi, quindi proporre “Vuoi fare una passeggiata?” e “Vuoi riposare”?
  • Il malato può agitarsi quando si trova tra persone che non conosce bene o quando gli viene richiesto di fare una cosa di cui ha perso il “ricordo di come si fa”: quindi evitare queste situazioni
  • E’ sempre meglio prevenire le sue reazioni (rassicurandolo o distraendolo)
  • Avvertire i bambini con sincerità che il familiare può mostrare uno “strano comportamento” perché è malato
  • In caso di violenza fisica vera e propria che si presenta raramente: si consiglia di cercare tempestivamente aiuto e di consultare il medico
  • La sensazione di paura e incertezza può provocare continue accuse di  aver nascosto o rubato degli oggetti. E’ inutile rimproverare il malato e, caso per caso, è meglio prendere le opportune precauzioni (ricordarsi dei “nascondigli” preferiti, aiutare nella ricerca)
  • A volte può manifestarsi aggressività nei confronti di se stesso soprattutto quando il malato non è più in grado di comunicare la propria contrarietà a richieste di chi lo assiste. Occorre sempre tranquillizzare il malato, senza insistere nelle richieste e ricorrere alla comunicazione non verbale.

Il graduale peggioramento nella capacità di comunicazione con gli altri è una delle conseguenze della malattia tra le più difficili da confrontare, sia per il malato che incontra sempre maggiori di coltà ad esprimersi, sia per i familiari che non riescono ad interpretare i reali bisogni del malato.
Riteniamo validi i seguenti consigli generali per mantenere più a lungo possibile la reciproca comunicazione: naturalmente, poiché le singole individualità̀ e realtà̀ familiari sono differenti, anche tali suggerimenti dovranno essere adattati al proprio caso.

  • Le parole non costituiscono l’unico mezzo di comunicazione.
    L’espressione del viso, il modo di muoversi e di comportarsi contribuiscono molto di più a trasmettere al malato lo stato d’animo ed i sentimenti di chi gli sta vicino, così come lo sguardo, il tono della voce e lo stesso contatto fisico. Anzi, con l’aumentare delle di coltà diventa sempre più̀ importante la comunicazione non verbale, nella quale il messaggio non sta in ciò che viene detto ma nel modo in cui viene detto.
  • Guardare negli occhi il malato, sia quando gli si parla che quando lo si ascolta.
  • Parlare al malato standogli vicino: si contribuisce così a creare un senso di intimità.
  • Parlare al malato lentamente, con chiarezza e con parole semplici, usando un tono di voce non troppo alto per non metterlo in agitazione.
  • Il malato va trattato sempre con rispetto e mai come se fosse un bambino.
  • Bisogna essere sempre preparati a ripetere le stesse cose, magari rendendo più semplice la frase e senza mettere fretta nelle esortazioni. Porre domande semplici alle quali si possa rispondere con un SI’ o con un NO, anche con un cenno della testa. Non perdere la pazienza per la ripetizione delle stesse domande o frasi.
  • Evitare assolutamente di parlare con altre persone del malato in sua presenza.
  • È molto importante permettere al malato di spiegarsi da solo, senza suggerirgli subito la parola alla minima di coltà e senza mettergli fretta.
  • Dimostrare che ci si sforza di comprendere il malato, che lo si mette al corrente dei fatti della giornata: ciò servirà a mantenere confidenza e parzialmente eviterà continue domande.
  • Non correggere sempre gli errori: il venire continuamente redarguito può condurre a ulteriore confusione e aggressività.
  • Cercare di spiegare chiaramente e con calma la realtà delle cose quando realtà e fantasia, presente e passato, faranno confusione nella mente del malato, senza rimproverarlo o prenderlo in giro.
  • Assicurarsi che non esistano problemi di vista o udito o altri inconvenienti fisici o di ambiente (confusione o rumori per radio o televisione, ecc.); il malato ha bisogno di tranquillità.
  • Cercare di far ridere e sorridere il malato: l’umorismo è una grossa valvola di sicurezza!

Le cause dell’incontinenza possono essere diverse (es. infezione al canale urinario). Consultare pertanto il medico. Se l’incontinenza è dovuta alla malattia di Alzheimer non sarà possibile eliminarla.
Si suggerisce pertanto di seguire alcuni consigli utili per alleggerire il problema o renderlo meno stressante.

  • Portare il malato in bagno ad intervalli regolari (ogni 2 ore) e specialmente appena si sveglia al mattino o prima che si corichi e/o cercare di individuare i “segnali” che indicano la necessità di andare al gabinetto.
  • Usare indumenti che si possano slacciare o togliere facilmente.
  • Assicurarsi che il gabinetto sia confortevole e non presenti “difficoltà”.
  • È comunque consigliabile proteggere divani cuscini e coperte con teli impermeabili o facilmente lavabili.
  • È opportuno adottare pannoloni e mutande appropriate.
  • Ridurre i liquidi alcune ore prima dell’ora in cui il paziente si corica.
  • Proteggere il materasso con un telo impermeabile, evitando però il contatto diretto con la pelle del malato.
  • Mantenere la pelle pulita e asciutta.
  • È importante imparare a capire se i malati hanno bisogno di aiuto e assicurarsi che anche chi li assiste li capisca (spesso sono troppo imbarazzati per farlo).
  • Si metta da parte ogni senso di imbarazzo, rendendosi conto che la situazione è stressante non solo per chi assiste, ma anche umiliante per il malato.

Ad un certo punto della malattia, i malati di Alzheimer cominciano a perdere il senso dell’orientamento: ciò comporta un potenziale pericolo, in quanto il malato può allontanarsi da casa e non riuscire più a tornarvi o comunque perdersi, impaurirsi o finire in situazioni pericolose.

Alla perdita dell’orientamento si associa il continuo girovagare, perennemente alla ricerca di qualcuno o qualcosa o nell’errata convinzione di dover compiere qualcosa di importante.
Esiste anche il girovagare notturno, dovuto al semplice disorientamento temporale o all’irrequietezza.

Per cercare di affrontare questi comportamenti occorre prima di tutto sforzarsi di capire quale ne sia la vera causa e quindi non pretendere di poter fronteggiare e prevenire ogni possibile pericolo che implicherebbe una totale costrizione e immobilizzazione del malato ledendone la sua stessa dignità.

  • Nello stadio iniziale della malattia sarà sufficiente fornire al malato un semplice foglietto di istruzioni (ad esempio scrivendo “torno subito…rimani calmo e telefona a questo numero”)
  • In seguito è essenziale far indossare una catenina o un braccialetto con le indicazioni di nome e indirizzo o altre informazioni utili per poterlo aiutare. È comunque opportuno che il malato abbia sempre con sé i propri documenti di riconoscimento.
  • Informare i vicini di casa e la gente del quartiere dello stato di eventuale disorientamento del malato e cercare di capire quali possano essere le zone “preferite” dal malato e gli eventuali pericoli.
  • Un maggior esercizio fisico potrebbe ridurre l’agitazione (specialmente il girovagare notturno) che potrebbe venire ridotta con lunghe passeggiate, specialmente nel tardo pomeriggio, sempre in compagnia, e a casa, circondando il malato di oggetti familiari e foto di famiglia.
  • Se il malato viene trasferito in un ambiente nuovo il disorientamento aumenta, pertanto sarà necessario rassicurarlo continuamente.
  • I farmaci (tranquillanti ecc.) sono da utilizzare come ultima risorsa e sempre con l’ausilio e sotto il controllo di un medico. Lo stesso vale per qualsiasi apparecchio immobilizzatore; anche chiudere a chiave la camera può essere a scapito della sicurezza.
  • Per cercare di limitare il girovagare notturno accertarsi che il malato abbia soddisfatto i propri bisogni fisiologici prima di coricarsi, limitando l’assunzione di liquidi nelle ore serali.
  • Lasciare una luce accesa (di quelle notturne) nella camera da letto, nel bagno e nel corridoio aiuta l’orientamento.
  • Le ringhiere possono aiutare ma potrebbero essere scavalcate e quindi aumentare il pericolo di farsi male.

Un anomalo stato di agitazione o di aggressività può essere un avvertimento di situazioni di dolore, sete, fame o di qualsiasi altra forma di disagio fisico.
Di seguito rammentiamo i casi più frequenti.

 

Apatia ed ansia

La vita del malato deve essere opportunamente pianificata con le strategie adatte ad affrontare il progredire della malattia. Ogni possibile coinvolgimento è perciò utile allo scopo: non bisogna porre il malato sotto una campana di vetro ma indurlo a fare ciò che può (ancora) fare. Se intervengono stati di depressione persistenti è opportuno consultare il medico. Negli stati di ansia bisogna invece:

  •  rassicurare il malato
  • mai prenderlo in giro o rammentargli bruscamente la realtà che il malato ha “dimenticato”

 

Disidratazione

Una persona assume generalmente circa un litro e mezzo di liquidi al giorno. Nei periodi di caldo il pericolo di disidratazione è maggiore. Ci si può rendere conto del pericolo osservando:

  • la pelle: se pizzicata delicatamente si nota una perdita di elasticità e la pelle rimane grinzosa;
  • la lingua: perde il colore roseo, si ricopre di una patina biancastra spesso con solchi su tutta la superficie.

Se bisogna pertanto sorvegliare che un’adeguata quantità di liquidi venga assunta dal malato, può capitare che aumenti il consumo di alcolici (vino). In tal caso, senza ricorrere alle proibizioni, si può rimediare allungando il vino con acqua.

 

Insonnia

È un disturbo molto frequente nei malati di Alzheimer che scambiano la notte con il giorno e comunque si alzano spesso di notte. Consigli utili sono i seguenti:

  • utilizzare strategie di attività motorie durante la giornata, per esempio passeggiate al posto del riposo pomeridiano;
  • alla sera evitare pasti ricchi di zuccheri e limitare i liquidi (non è una contraddizione con quanto scritto sopra: la giornata è lunga!)
  • consultare il medico per eventuali terapie, ma non ricorrere mai a “restrizioni” di alcun genere.

Stitichezza

I ritmi intestinali sono individuali! In caso di anomalie si consiglia di:

  • aumentare la somministrazione di cibi ricchi di fibre (farine integrali, verdure);
  • consultare il medico per qualunque lassativo.

Inappetenza

Il malato di Alzheimer può perdere lo stimolo della fame, anche per semplici disturbi comportamentali. Pertanto:

  • i pasti dovrebbero essere serviti con una consuetudine fissa: stessa ora, stessa stanza, ecc.;
  • se vi sono problemi di deglutizione si deve sminuzzare il cibo, aumentandone al contempo la consistenza;
  • se vi sono di coltà con le posate, si deve consentire l’utilizzo delle mani;
  • evitare i bavaglini da bambini! Per prevenire che il malato si sporchi troppo è meglio usare grandi tovaglioli.

Denti

È importante la prevenzione in quanto ricorrere al dentista diventa molto più scomodo. Assicurarsi pertanto che vanga mantenuta un’accurata igiene orale.

Vista e udito

Un controllo è necessario se il malato non legge o non guarda la televisione (se è ancora in grado di farlo) o se non risponde quando lo si chiama.

Piaghe da decubito

Possono comparire nelle zone che sono a contatto con la superficie del letto o della sedia.

  • cambiare la posizione il più spesso possibile evitando che il corpo poggi sugli stessi punti;
  • usare materassini e cuscini anti decubito;
  • ricorrere a massaggi nei punti critici per preservare l’elasticità della pelle;
  • nel caso di prime abrasioni e lacerazioni consultare il medico per evitare l’insorgere di vere e proprie ferite.

Farmaci

È importante seguire la terapia medica per capire e far capire al medico curante se vi sono modificazioni da puntualizzare. Si ricordi comunque che l’abuso di farmaci genera malessere.

Tenere presente che una buona condizione fisica e abitudinaria contribuiscono al benessere del malato (e facilitano il lavoro a chi lo assiste!)

Una vita abitudinaria riduce il numero delle decisioni che si devono prendere: si riduce pertanto lo stato d’ansia e si può ottenere maggiore sicurezza nella vita di tutti i giorni. È comunque importante che il malato mantenga la propria autonomia il più a lungo possibile e lo si deve aiutare ad utilizzare le proprie attitudini, anche se residue, evitando di dare importanza ai suoi errori e cercando di facilitare al massimo la sua attività.

L’abitazione dovrebbe possibilmente essere modificata in modo da garantire una sicurezza ottimale, eliminando i possibili ostacoli al cammino e gli spigoli vivi.

La porta di casa non dovrebbe permettere l’uscita senza avviso e sarebbe bene che venisse “mimetizzata” (il malato abbia comunque sempre in tasca un numero di telefono utile ed indicazioni per il suo riconoscimento).

Le altre porte dovrebbero avere delle indicazioni di riconoscimento, specialmente per il bagno, e dovrebbero essere prive di chiavi dalla parte interna.

Il bagno deve essere naturalmente il più riconoscibile (è possibile lasciare una luce accesa di notte?). La vasca e la doccia (senza dubbio preferibile) si dovrebbero dotare di impugnature e adesivi antisdrucciolo; è consigliato l’uso di seggiolini e si dovrà regolare la temperatura dell’acqua calda sui 40 gradi e non oltre in modo da evitare scottature.

In cucina dovrebbero essere installati dispositivi di sicurezza per il gas e/o per i fornelli elettrici; è bene eliminare i fiammiferi e tutti gli oggetti taglienti.

Il letto non deve essere troppo alto e vanno evitati i tappeti scendiletto. È importante che la stanza non sia completamente buia ma sia dotata di luce notturna.

Finestre e balconi dovrebbero essere chiusi a chiave.

In casa e fuori sono indicate calzature con suole in gomma.

Le sigarette possono essere causa di incendio: sorvegliate il malato quando fuma!
Se da un lato bisogna agevolare l’utilizzazione delle cose comuni e innocue, si deve assolutamente riporre in luoghi “sicuri” qualunque sostanza tossica.

Se vi sono scale all’interno dell’appartamento, queste devono essere illuminate bene, provviste di corrimano da ambedue i lati e provviste di gradini antisdrucciolo; il primo e l’ultimo gradino dovrebbero essere evidenziati opportunamente.

I seguenti consigli dovrebbero essere seguiti da ogni persona: ricordiamo infatti che un malato di Alzheimer è una persona fisicamente normale, spesso in ottima salute.

  • L’alimentazione deve essere equilibrata e varia. Evitare una dieta monotona, che non garantisce il giusto equilibrio dei nutrimenti. Gli alimenti devono essere preparati in maniera appetitosa e gustosa e l’aspetto del cibo deve essere invitante. Evitare sapori troppo intensi come l’aglio e la cipolla.
  • Assumere giornalmente 1,5-2 litri di liquidi, equivalente a 8-10 tazze. Bevande consigliate sono acqua di rubinetto, acqua minerale, succhi di frutta diluiti con acqua, infusi d’erbe e di frutta. Bevande non adatte a coprire il fabbisogno idrico sono caffè, tè verde e nero, latte e bevande alcoliche. Può essere utile elaborare un piano di bevande assunte durante la giornata, onde evitare di assumere troppo pochi liquidi. Un’attenzione maggiore deve essere posta a persone che soffrono di vomito, diarrea o diabete e che assumono diuretici e lassativi. L’eliminazione di liquidi con il sudore è più alta nei periodi di caldo.
  • Assumere giornalmente da 5-6 pasti di piccole dimensioni. Mantenere l’equilibrio energetico a seconda dello stato nutrizionale.
  • Assumere un’adeguata quantità di proteine: 1/2 di origine animale (carne, pesce, latte e latticini) e 1/2 di origine vegetale (legumi, cereali, patate).
  • Assumere un’adeguata quantità di amido (pane, pasta, riso, patate) utile a garantire un buon apporto energetico.
  • Sostituire i grassi di origine animale (burro, strutto, panna) con oli di origine vegetale (olio extravergine di oliva, olio di semi).
  • Vitamine: un’alimentazione ricca di vitamine antiossidanti – vitamina A, C e E è importante per contrastare l’azione dei radicali liberi e l’invecchiamento del cervello. Per farne scorta è bene consumare molta frutta e verdura fresca di stagione, latte e derivati, pesce. La vitamina E è presente in quantità elevate nella frutta secca (attenzione la frutta secca è molto calorica!), nell’olio extravergine d’oliva e negli oli di semi. È importante assumere un’adeguata quantità di vitamina B12, che stimola la produzione dei rivestimenti delle cellule nervose e mantiene la buona funzionalità cerebrale. È presente in alimenti di origine animale come la carne, il pesce ed il formaggio.
  • Sali minerali: consumare giornalmente 3-4 porzioni di latte o derivati; contengono calcio utile a rallentare la decalcificazione delle ossa.
  • Attenzione ad un eccessivo utilizzo di sale che può aumentare lo stato di disidratazione.

problemi dell’alimentazione che si presentano con l’avanzare della malattia sono il rifiuto di cibo, soprattutto se estraneo alla persona malata; dimenticare di aver assunto il pasto; difficoltà ad usare le posate; problemi di deglutizione ed inappetenza.
Nell’ affrontare tali difficoltà bisogna aiutare la persona malata a mantenere una certa autonomia ed incoraggiarla a fare da sola tutto quello di cui è capace; fare in modo che i pasti siano un’esperienza piacevole; non preoccuparsi troppo delle buone maniere e della pulizia.

  • Difficoltà di deglutizione: alternare cibi solidi a quelli liquidi, evitare cibi troppo duri e secchi, tritare e se necessario frullare gli alimenti. Attenzione ai cibi troppo caldi: il malato potrebbe scottarsi senza accorgersene. Evitare cibi troppo acidi come il succo di limone per persone che tendono a sbavare.
  • Stitichezza: assumere alimenti ricchi di bra (verdura, farina integrale, occhi d’avena) oppure crusca, contemporaneamente con sufficienti quantità di liquidi. I fermenti lattici presenti nello yogurt aiutano a migliorare la ora batterica e quindi prevengono la stitichezza. Evitare alimenti che causano gas intestinali (legumi, cavoli e cavolfiori, pane fresco).
  • Insonnia: assumere il pasto principale a mezzogiorno, per evitare difficoltà digestive notturne e se necessario limitare l’assunzione di liquidi verso la sera, onde evitare che il malato si svegli per urinare.

L’amministrazione di sostegno, istituita con legge n. 6 del 2004, è una misura di tutela giuridica per tutte quelle persone che a causa di un’infermità o di una menomazione di carattere temporaneo o permanente, non sono più in grado di provvedere autonomamente ai propri interessi di natura personale e/o patrimoniale. L’amministrazione di sostegno è, dunque, uno strumento diretto ad affiancare al soggetto debole una persona che possa rappresentarla (agendo in suo nome e per suo conto) o assisterla (agendo insieme alla persona interessata) mediante interventi di aiuto temporaneo o permanente nel compimento di determinate attività (ad esempio: presentare a u ci pubblici e privati richieste di sussidi, contributi; effettuare adempimenti di natura scale e amministrativa; stipulare contratti inerenti a rapporti bancari, acquisire referti e cartelle cliniche nonché ogni altra informazione di natura sanitaria e prestare il consenso informato per determinati trattamenti sanitari).
I presupposti per richiedere la nomina di un Amministratore di sostegno sono quindi: l’infermità o la menomazione sica o psichica e l’impossibilità conseguente a provvedere ai propri interessi.

 

La richiesta di nomina di un amministratore di sostegno

La richiesta di nomina di un amministratore di sostegno si attiva mediante presentazione di un ricorso al giudice tutelare del luogo in cui l’interessato ha la residenza o il domicilio.
Il ricorso deve contenere tutte le indicazioni utili a fornire al giudice tutelare un quadro il più possibile completo della situazione del futuro beneficiario, la sua “fotografia”.
È necessario spiegare le ragioni per le quali si richiede la nomina: descrivere le condizioni, le esigenze nonché le necessità eventualmente urgenti del beneficiario. In caso d’urgenza, infatti, è possibile chiedere al giudice tutelare la nomina di un amministratore di sostegno provvisorio affinché questo possa essere autorizzato a compiere gli atti imminenti.
In questo caso la nomina avverrà in tempi molto brevi.
Nella procedura ordinaria il giudice tutelare provvede entro sessanta giorni dalla data di presentazione della richiesta.

 

I soggetti che possono presentare il ricorso

Il ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno può essere presentato dai seguenti soggetti: il beneficiario, il coniuge, la persona stabilmente convivente, i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo grado, il tutore o curatore, il pubblico ministero e i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona.

 

Le attività e la decisione del giudice tutelare

Il giudice tutelare, letto il ricorso fissa, con decreto, la data dell’udienza in cui deve sentire personalmente l’interessato. Nel caso in cui la persona interessata si trovi impossibilitata a raggiungere la sede del giudice tutelare, è necessario presentare la documentazione medica che attesti la predetta impossibilità. Solo in questa evenienza il giudice, se lo ritiene opportuno, può recarsi nel luogo in cui questa si trova.
Il decreto del giudice è l’atto con il quale vengono conferiti i poteri all’amministratore di sostegno. Il decreto può essere modificato o revocato qualora si modi chino le condizioni che hanno reso necessaria la sua adozione.

 

L’amministratore di sostegno

È la persona nominata dal giudice tutelare al ne di assistere, sostenere, rappresentare chi si trova nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere in tutto o in parte all’espletamento delle funzioni della vita quotidiana.
Qualora l’impossibilità sica o psichica abbia carattere transitorio, la nomina può essere a tempo determinato.
Nella scelta dell’amministratore di sostegno il giudice tutelare deve sempre rispettare la volontà del beneficiario. In mancanza di indicazioni da parte del beneficiario o in presenza di gravi motivi il giudice tutelare nella scelta deve preferire, ove possibile, le seguenti persone: il coniuge non separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre o la madre, il figlio o fratello o sorella un parente entro il quarto grado oppure il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Il giudice tutelare, quando ne ravvisa l’opportunità, può nominare ad amministratore di sostegno anche altra persona idonea (diversa dalle persone di cui sopra), un’associazione o fondazione.
Dal mese di dicembre 2009 la Provincia di Bolzano, Ripartizione famiglia e politiche sociali, ha istituito un elenco di persone debitamente formate disponibili a svolgere come volontari l’attività di amministratori di sostegno. Il registro è gestito dall’Ufficio provinciale soggetti portatori di handicap e invalidi civili.

 

I poteri dell’amministratore di sostegno

I poteri dell’amministratore di sostegno si evincono dal contenuto del decreto di nomina e dalle successive eventuali autorizzazioni del giudice tutelare.
L’amministratore di sostegno può avere poteri sia in assistenza, sia in sostituzione del beneficiario.
L’individuazione dei poteri dell’amministratore di sostegno consente la definizione dei poteri che rimangono in capo al beneficiario. L’amministratore di sostegno potrà sostituirsi al beneficiario solo ed esclusivamente in quelle attività espressamente autorizzate dal giudice tutelare.
Infatti, il ne dell’amministrazione di sostegno è proprio quello di intervenire a sostegno del beneficiario con la minore limitazione possibile della sua capacità di agire.

 

I doveri dell’amministratore di sostegno

L’amministratore di sostegno deve:

  • rispettare le aspirazioni e i bisogni del beneficiario, se possibile informarlo circa gli atti da compiere e in caso di dissenso con il beneficiario stesso informare il giudice tutelare
  • continuare nello svolgimento dei suoi compiti per almeno dieci anni (se l’amministratore di sostegno è coniuge, convivente, ascendente o discendente del beneficiario anche oltre i dieci anni)
  • presentare annualmente al giudice tutelare una relazione relativa all’attività svolta e alle condizioni di vita personale e sociale del beneficiario
  • al momento dell’assunzione dell’incarico prestare giuramento di fedeltà e diligenza allo svolgimento dell’incarico

 

La gratuità dell’incarico

L’amministratore di sostegno non può percepire alcun compenso per l’incarico ma possono essergli riconosciuti un rimborso delle spese sostenute per lo svolgimento dell’attività e, in taluni casi, un’equa indennità stabilita dal giudice tutelare in relazione al tipo di attività prestata. L’equo indennizzo e il rimborso delle spese non possono comunque mai tradursi in un compenso.

 

Cessazione dell’incarico e sostituzione

I soggetti che possono proporre il ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno possono anche presentare la richiesta motivata al giudice tutelare per la cessazione o per la sostituzione dell’amministratore di sostegno. L’amministrazione di sostegno cessa inevitabilmente al momento del decesso del beneficiario. In questo caso è necessario darne pronta comunicazione al giudice tutelare dimettendo certificato di morte e una breve relazione conclusiva delle attività svolte sino alla data di chiusura del procedimento.

 

I costi del procedimento

Non sono previste spese per il procedimento. Il ricorso può essere presentato personalmente e, quindi, senza l’assistenza di un avvocato salvo casi particolarmente delicati tanto sotto il pro lo personale che patrimoniale.
L’ufficio competente al quale rivolgersi per ricevere semplici informazioni o consulenze individuali sull’amministrazione di sostegno è la Federazione provinciale delle associazioni sociali di Bolzano.

 

Per informazioni

www.retecivica.bz.it/it/servizi/servizi-categorie.asp?bnsvf_svid=1007163

24. Politiche sociali
Unità organizzativa competente
24.3. Ufficio Persone con disabilità

Palazzo 12, via Canonico Michael Gamper 1,
39100 Bolzano
T 0471 41 82 71
F 0471 41 82 99
persone.disabilita@provincia.bz.it
PEC: disabilita.behinderung@pec.prov.bz.it
www.provincia.bz.it/famiglia-sociale-comunita

Per nostra natura siamo esseri sociali, destinati pertanto ad avere contatti con gli altri. La comunicazione presuppone che il messaggio sia interpretato e compreso allo stesso modo tanto dal mittente quanto dal destinatario. Chi è a etto da demenza ha tuttavia di coltà sia di comunicazione che di comprensione all’atto della ricezione d’un messaggio. Ogni individuo (sano) è in grado di comunicare verbalmente informazioni, pensieri, sentimenti e stati d’animo; ma gli stati affettivi o sentimentali nonché modelli di comportamento possono essere espressi anche tramite comunicazione non verbale, cioè con il linguaggio del corpo. Quest’ultimo può supportare ed accompagnare il discorso, può però pure mutarne il messaggio.
Quando si comunica con malati di demenza è pertanto necessario prestare particolare attenzione a ciò che comunichiamo ed a come lo comunichiamo ed inoltre a ciò che noi stessi comprendiamo di quanto loro ci comunicano.

Qui di seguito alcuni consigli per rendere più efficace la comunicazione verbale:

  • Raccogliere informazioni
    Rivolgere domande semplici e formulate in modo chiaro, non richiedere più informazioni contemporaneamente, utilizzare la tecnica cosiddetta dell’“eco” (ripetere parti della risposta), ascoltare correttamente (silenzio e pazienza), fornendo commenti a supporto della risposta
  • Analizzare se si ha compreso quanto detto dall’interlocutore
    Ripetere (Se ho compreso correttamente quanto Lei ha detto …), Perifrasare (formulare con altre parole: Lei mi ha dunque detto che …)
  • Fornire informazioni
    Stimolare l’attenzione tramite allocuzione diretta (Cara Signora X, mi dica …) Formulazione lenta e chiara, mantenendo tuttavia il consueto volume della voce (!) Ripetere ed articolare chiaramente le istruzioni (prima la cena, poi la TV …) Evitare il ricorso al linguaggio infantile (nelle prime fasi del male potrebbe suscitare reazioni aggressive)
  • Controllare l’avvenuta comprensione
    Feedback per sentire l’opinione dell’interlocutore, ascoltando con attenzione (Forse ha ancora delle domande? – Che ne pensa?)

Quando il progredire del male rende meno efficace la comunicazione verbale, acquista sempre maggior importanza la comunicazione non verbale. Ciò non implica tuttavia l’abbandono del discorso e della parola. Chi si prende cura del paziente demente non deve improvvisamente ammutolire, bensì continuare a rivolgersi al malato anche tramite comunicazione verbale. Per quanto il paziente riesca a comprendere sempre meno i messaggi verbali, questi ultimi rappresentano tuttavia un segnale dell’attenzione a lui rivolta ed all’ammalato rimane così a lungo preservata la facoltà di interpretare il linguaggio del corpo. Questo modo di comunicare con il paziente ne stimola le residue capacità, ne mitiga anomalie comportamentali e può così facilitare la convivenza tra l’ammalato e chi lo assiste. E’ tuttavia necessario considerare attentamente diversi elementi.

Espressione del viso

La mimica facciale consente di leggere i sentimenti sottesi, ciò che i pazienti affetti da demenza sono ancora a lungo in grado di fare intuitivamente. L’espressione del viso deve pertanto corrispondere agli enunciati verbali al fine di non rendere insicuro il paziente. In ogni caso anche negli stadi terminali del male un sorriso viene percepito e correttamente interpretato dal paziente.

Sguardo

Nel colloquio con chi è affetto da demenza riveste particolare importanza il contatto visivo diretto, possibilmente all’altezza degli occhi dell’interlocutore: tramite ciò comunichiamo sincero interesse per le sue esigenze, leale e franca intenzione di comprenderlo. Se pertanto il/la paziente è seduto/a, mai rimanere in piedi e parlare “dall’alto in basso”!

Gesti e movimenti

Dei gesti e dei movimenti pacati a supporto del discorso hanno un effetto rassicurante e tranquillizzano l’interlocutore. Per non rendere insicuro il paziente, ci si dovrebbe avvicinare a lui sempre frontalmente (mai coglierlo a sorpresa alle spalle). I gesti possono agevolare la comunicazione, fornendo l’esempio di ciò che si vuole ottenere (ad es. prendere in mano un oggetto)

Tono e ritmo nel parlare

Alcuni pazienti risultano particolarmente sensibili alle sonorità e si sentono minacciati da un volume di voce troppo alto. Prestare quindi attenzione a rivolgersi loro parlando con tono pacato, a volume normale (tranne che in caso di sordità dell’interlocutore) e soprattutto ad un ritmo non troppo veloce.

Postura

Anche tramite la postura del nostro corpo comunichiamo stati d’animo e modelli di comportamento. Un portamento rilassato, braccia aperte, il sedere tranquilli occupando l’intero ripiano della sedia, lo sguardo ed il busto rivolti direttamente a chi ci sta di fronte indicano interesse, partecipazione e generosa disponibilità; braccia incrociate, sguardo abbassato, assente e non direttamente rivolto all’interlocutore, il sedere sullo spigolo del ripiano della sedia, quasi pronti a scappare, sono invece sintomi di disinteresse ed impazienza e come tali vengono chiaramente percepiti dal paziente.

Contatto corporeo

Un contatto tattile rappresenta sempre un segno di marcata intimità. Nel caso dei pazienti dementi questa forma di contatto costituisce spesso l’ultima possibile forma di comunicazione. Ogni individuo ha tuttavia le sue preferenze: alcuni s’innervosiscono subito ad un contatto troppo stretto, altri amano esser toccati costantemente. Si tratta di capire a quale rapporto il paziente reagisce nel modo migliore. Gesti amorevoli (abbracci, carezze, baci) risultano generalmente graditi; anche le espressioni spontanee con cui i pazienti manifestano i propri sentimenti dovrebbero sempre essere accettate. Attenzione: i pazienti sono esseri sensibili in grado di distinguere se tali gesti nascono o meno da sentimenti sinceri e reali.

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